La Sentenza n. 28378/2023 della Suprema Corte di Cassazione si è espressa su un caso di licenziamento disciplinare fondato su prove raccolte da investigatori privati, riconoscendo la possibilità per il datore di lavoro di effettuare controlli sui propri dipendenti - cc.dd. controlli difensivi - a tutela del proprio patrimonio aziendale, anche di tipo occulto, se finalizzati ad evitare comportamenti illeciti, ed in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, e sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all′insorgere del sospetto. Sempre più frequentemente, difatti, in tale ambito il datore di lavoro ricorre ad agenzie investigative, le cui risultanze sono, dunque, legittime purché non sconfinino nella vigilanza dell′attività lavorativa vera e propria, restando giustificato l′intervento in questione non solo per l′esigenza di verificare il contenuto di un′eventuale avvenuta perpetrazione di illeciti, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che degli illeciti siano in corso di esecuzione. I controlli del datore di lavoro a mezzo di agenzia investigativa riguardanti l′attività lavorativa del prestatore svolta anche al di fuori dei locali aziendali sono, quindi, legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente o fonti di danno per il datore medesimo, escludendo che l′oggetto dell′accertamento sia l′adempimento, la qualità o la quantità della prestazione lavorativa. Solo attraverso la disponibilità delle migliori tecnologie disponibili per la ricerca delle prove, si potranno affrontare tutti gli step del procedimento giudiziario penale e civile in assoluta sicurezza.